Donne, empowerment, gentilezza e felicità

Nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia. Perché oltre la nera cortina della notte c’è un’alba che ci aspetta.” Così definisce la felicità Khalil Gibran, non una semplice emozione ma una promessa di speranza.

Questa condizione dell’animo umano però, lo sappiamo bene, è mutevole e riguarda sia la sfera personale che lavorativa, oltre che quella sociale.

Il World Happiness Report, redatto dalle Nazioni Unite, è stato pubblicato per la prima volta nel 2010 e si basa su sei criteri fondamentali:

  1. supporto sociale,
  2. reddito,
  3. salute,
  4. libertà,
  5. generosità,
  6. percezione del livello di corruzione.

Per il 2023 su 137 paesi nel mondo, l’Italia scende e raggiunge il 33° posto nella classifica, mentre nel 2021 era ventottesima e lo scorso anno trentunesima sotto la Spagna e prima del Kosovo.

In generale secondo gli autori del report la maggior parte delle popolazioni continuano a ritenersi sempre più felici rispetto agli anni precedenti nonostante le crisi globali che stiamo affrontando. Aumenta quindi la resilienza delle popolazioni, e prevale un sentimento positivo soprattutto nei Paesi del Nord Europa.

Ma perché parlare di donne ed empowerment come leve per la felicità?

Perché senza donne non c’è felicità, senza felicità non c’è crescita e benessere, non c’è speranza e quindi non c’è futuro!

Ognuno di noi nel lavoro e nella vita può essere artefice della felicità personale e della migliore qualità dello stare insieme. Soprattutto le donne dimostrano quotidianamente di essere protagoniste dell’oggi, per costruire un domani più bello e più giusto. Ma quanta fatica ci costa!

Se guardiamo al criterio del supporto sociale possiamo affermare tranquillamente che le donne sono coloro che nella società si assumono maggiormente – e a titolo volontario – impegni di cura e accudimento, al punto che a livello mondiale il 74% delle attività di cura non retribuite è sulle loro spalle.

Pensiamo all’ambito della corruzione, nel 2022 la ricerca dei professori della Bocconi Francesco Decarolis (Economia) e Paolo Pinotti (Scienze politiche e sociali) riporta che le donne possono essere significativamente meno corruttibili degli uomini e che le donne a diversi livelli della burocrazia statale in Italia hanno meno probabilità di essere sospettate di corruzione o arrestate per questo tipo di reati.

Pensiamo al fattore libertà, non sarà un caso che lì dove le donne hanno un tasso di occupazione maggiore, sono economicamente emancipate, sono più libere e indipendenti (vedi la Finlandia al primo posto della classifica da ormai diversi anni) maggiore è la felicità nel paese. Infatti, a premiare questo Paese è soprattutto il sistema fortemente egualitario e inclusivo, dove è garantito l’accesso a una buona istruzione e le differenze di reddito e ricchezza sono relativamente piccole.

Anche nel campo della salute le donne rivestono un ruolo fondamentale, purtroppo troppo spesso ignorato o poco riconosciuto. Le donne sono quasi il 70% della forza lavoro nel settore sanitario, e rappresentano la spina dorsale di questo sistema, dimostrando un impegno senza pari nel migliorare le condizioni di salute delle proprie comunità.

E se pensiamo alla generosità, le donne sono più generose degli uomini e si sentono gratificate nel donare. Tra gli elementi più interessanti del report troviamo da un paio di anni il concetto di pro-socialità, che tiene conto di varie forme di gentilezza quotidiana, dal fare beneficenza a impiegare il proprio tempo in attività di volontariato. I ricercatori affermano che azioni gentili aumentano la felicità.

Nel report è scritto “Quando gli individui hanno più risorse materiali e culturali per perseguire obiettivi altruistici, è più probabile che lo facciano e che questo ricadrà positivamente sulla loro felicità personale. Singoli atti di benevolenza e generosità possono migliorare l’esistenza degli altri e la propria”.

Allora se è vero che il binomio altruismo / felicità aumenta il benessere della società, dobbiamo riconoscere alle donne il merito di riuscire a intessere relazioni positive, di sviluppare una leadership gentile negli ambienti organizzativi e di lavoro, consolidando così la felicità.

Quindi, se vogliamo un’Italia più felice è necessario apportare cambiamenti sostanziali nelle politiche di conciliazione casa- lavoro, favorire percorsi di empowerment femminile e sostenere e supportare la formazione delle donne, altrimenti non ci sarà un progresso duraturo ed efficace.

Ora, se è vero che la felicità non è un concetto astratto ma è un obiettivo concreto a cui tendere, affidiamoci alle donne che hanno un maggiore senso di civiltà perché sentono maggiormente la responsabilità di garantire alle prossime generazioni una società più equa e che nonostante le difficoltà puntano al futuro con determinazione e coraggio.

Affido la chiusura di questa riflessione alle parole di Marcel Proust “Dobbiamo essere grati alle persone che ci rendono felici. Sono i premurosi giardinieri che fanno fiorire la nostra anima”.

E allora grazie alle donne!

Mariangela Cassano – Founder DEA #donnechemmiro

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