Gli insegnamenti sulle competenze trasversali e manageriali di una città autentica, in movimento perenne, tra curiosità, leggende e innovazione – Parte 1
“Le aziende più durature sono quelle autentiche” (H. Shultz). E questa città, Roma, autentica lo è davvero, l’ipocrisia non le appartiene, a volte anche a rischio di non essere ben recepita per una sincerità troppo tagliente.
Se vogliamo conoscere Roma ed imparare da questa maestra le principali soft skills, così importanti nel mercato del lavoro ed imprenditoriale attuale, lasciamoci prendere per mano, abbandoniamo macchina, orologio e pre-giudizi, e iniziamo a camminare…
La Roma vera, quella dei Romani de’ Roma, è abituata da secoli a comunicare in modo efficace e diretto, a gestire in maniera positiva e costruttiva il fallimento, a non prendersi troppo sul serio e a vivere il quotidiano con un po’ di sana leggerezza, a portare innovazione per prima, con un mindset flessibile inaspettato per una città così antica eppure così moderna: esempi di competenze richieste sia per posizionarsi professionalmente oggi, in coerenza con le proprie abilità ed il proprio potenziale, sia per portare avanti e gestire e far crescere startup, realtà imprenditoriali nuove, imprese del mondo digitale. Il tutto avviene in un contesto di approccio positivo al cambiamento, anche rappresentato dal movimento evidente e incredibile di vicoli, palazzi e chiese, tipico del barocco romano, arrivato fino ai giorni nostri.
La nostra passeggiata inizia da qui…
La comunicazione è importante
A Roma tutto viene scritto ovunque: sui palazzi, sulle statue antiche, per terra, da sempre e ancora oggi, e questo ci insegna che comunicare costantemente e utilizzando tutti i canali a disposizione non solo è importante ma è anche utile per il nostro lavoro, che siamo liberi professionisti o persone in cerca di un nuovo lavoro (Personal Branding) o imprenditori e startupper che desiderano promuovere la propria attività (Brand Communication).
Passeggiando per la città, troviamo testimonianze del ruolo fondamentale della comunicazione efficace continuamente: dalla scritta funeraria dell’orefice dei papi, Bernardino Passerio, in Via della Lungara, all’uso diffusissimo dei soprannomi, fino a creare la leggenda che un nuovo papa che non cambi il proprio nome non sarebbe vissuto a lungo (si ricorda ancora Marcello II, che conservò il suo vero nome, e morì dopo 25 giorni da quando fu eletto), per arrivare alle famose statue parlanti, così chiamate perché utilizzate come postazioni per il popolo romano per esprimere il proprio malcontento con scritte e fogli appesi: l’Abate Luigi (statua di un magistrato, ritrovata nella Chiesa di Sant’Andrea della Valle), il Babuino (statua nell’omonima via, così chiamato dai romani per la sua bruttezza), il Facchino (tra via Lata e via del Corso, famoso per le sue ubriacature), Madama Lucrezia (dedicata a madame Lucrezia D’Alagno, amante del re di Napoli Alfonso D’Aragona, di rara bellezza, che durante un tumulto nel 1799 venne trovata a pancia in sotto ,e sulla schiena il popolo scrisse “Non ne posso più”), Marforio (raffigurante Oceano) ed il famoso Pasquino (il cui nome è attribuito ad un sarto senza peli sulla lingua, la cui statua raffigura Patroclo morto sorretto da Menelao) che ebbe finanche i suoi “segretari”.
Un altro canale di comunicazione della cultura popolare romana sono gli stornelli, che, nel linguaggio utilizzato e nella musica scelta, sono espressione dell’importanza della comunicazione verbale densa di significati (fino ai ben noti doppi sensi romaneschi) ma anche veicolo di informazione sul vivere quotidiano, non sempre semplice in una città troppo grande e caotica anche all’epoca degli antichi romani.
La nostra passeggiata per Roma ci porta a quei palazzi dei quartieri popolari, ricoperti dai murales, che ci aiutano a non perdere parte della nostra storia e cultura (come i ritratti di Gigi Proietti apparsi in tutta la città: in Via Capraia, Via Tonale e Piazza degli Euganei al Tufello, in Via della Tribuna di Tor De’ Specchi e Piazza d’Aracoeli, in Viale Jonio, al Trullo, sulla serranda del Teatro Brancaccio) ma anche alle scritte botta e risposta sui muri, ricche dell’ironia tipica di questa città, che ci trasmette l’importanza della leggerezza nella comunicazione organizzativa:
- “Scrivo sui muri perché odio questa città (Carlo) – “Carlo, questa è una porta”
- “La droga uccide lentamente” – “E io mica c’ho fretta”
Questa nostra prima passeggiata termina a Largo dei Librai, dove proprio il nome ci riporta ad una delle prime rappresentazioni di innovazione nella comunicazione di Roma: nel XV secolo, il cardinale Torquemada accolse e patrocinò il primo stampatore tedesco, Ulrico Halin, che si stabilì nella città, chiamò alcuni suoi colleghi e nel 1472 giunse al risultato incredibile di stampare ben 12.475 volumi, un record per l’epoca, il tutto nonostante la Chiesa non vedesse di buon occhio l’invenzione di Gutenberg ma ne avesse capito la rilevanza e la leva conoscitiva e innovativa per il futuro.
“Un imprenditore è qualcuno che salta da un dirupo e costruisce un aereo lungo la strada” (R. Hoffman).