Sono giorni che mi arrovello il cervello per cercare una chiave sensata per questo articolo. Parlare di innovazione e futuro oggi può significare molte cose e avere, di conseguenza, il giusto e doveroso spazio per analizzarne anche le conseguenze.
La chiave mi è arrivata proprio oggi dopo dieci giorni che mi hanno vista immersa in due importanti eventi (Conn@ctions e WMF 2023) e dove ho potuto toccare con mano (oltre a stringerne tante) un elemento che ha bisogno di essere riscoperto e valorizzato sempre di più: la chimica e la capacità umana di fare rete e squadra.
I main topic degli ultimi tempi hanno visto l’intelligenza artificiale tra le grandi protagoniste dell’innovazione, un po’ come se l’avessimo scoperta di recente, e gli impatti positivi e negativi che avrà sulla nostre vite personali e professionali. Di questi giorni è la terribile notizia di quanto un uso sconsiderato delle piattaforme social, seppur per lavoro, abbiano travalicato un naturale confine di decenza che non andrebbe mai eppoi mai messo in discussione specie se a rimetterci la vita è stato un bambino di cinque anni e con lui la distruzione di una famiglia intera.
Non si parla mai abbastanza, a mio avviso, dell’importanza di vere relazioni umane e delle opportunità che possono innescare anche solo a partire da uno sguardo o da un contatto, fugace o meno che sia. Non a caso ho parlato di chimica e non a caso tale elemento è sempre troppo sottovalutato anche, purtroppo, da chi fa il mio mestiere. Se vivi solo in una dimensione online o distaccato da tutto il resto del mondo, non dando mai una normale e concreta prosecuzione relazionale alle tue attività, non si potranno mai sentire gli odori, non si avrà mai la capacità di toccare e sapere quanto forte e vibrante sia una mano o un abbraccio.
Vi riporto qui una provocazione letta di recente: se chiudessero i social e, aggiungo io, anche la rete alle 19.00/20.00 di ogni giorno come accade per la maggior parte degli esercizi commerciali, cosa saremmo costretti a fare per mantenere attiva quella voglia di stare sempre connessi e di sapere sempre tutto di tutti, ma con il distacco di un device? Come alimenteremmo la dopamina per ricercare quel senso di appagamento e di ricompensa che oggi abbiamo imparato a conoscere e a produrre da una connessone continua? La risposta è molto semplice: saremmo costretti a uscire dalle nostre case e andare alla ricerca dei nostri simili per saziare il bisogno di socialità e di confronto. Questa volta quello vero. Lo faremmo anche per non stare soli, per vincere l’atavica paura del buio, non solo fisico ma anche quello interiore, e cercheremmo altri umani per puro spirito di condivisione o ai quali affidare noi stessi. Ritorneremmo a essere dei “primitivi” delle relazioni e a riscrivere una nuova era geologica della nostra capacità di sapersi relazionare.
Ecco la vera innovazione del futuro, ma mi auguro anche nel presente, sta proprio nel riscoprire tali necessità, quelle stesse che hanno mosso i nostri antenati, presi da una fame talmente grande di “virtute e canoscenza” da portarli a esplorare nuovi mondi reali popolati da essere simili a loro stessi. Sono volutamente iperbolica ed esagerata. Lavorando da oltre venti anni nel settore dei media e della comunicazione, posso dire e a ragion veduta di aver visto grandi progressi ma altrettante involuzioni.
Nella Rome Future Week® ho visto tutto questo e mi sono detta che finalmente era arrivato qualcuno, di certo più coraggioso di me, con l’intuizione di creare rete e fare sistema: per conoscerci, per riscoprirci, per fare qualcosa di bello e grande a partire da due mani che si stringono e fanno rete, come in un domino virtuoso. E chissà, forse, anche per ritrovare una posizione eretta, non solo fisica ma anche etica.