Da dove deriva la parola “futuro?”
Essendo nel festival del futuro è bene capirlo bene questo futuro. Da un punto di vista etimologico, la parola rivela un significato tanto semplice, quanto sorprendente; in latino, infatti, futuro deriva dal verbo futurus, che è il participio futuro del verbo esse (essere). Futuro indica pertanto l’essere in una dimensione posteriore, proiettata, non ancora esistente, eppure immaginabile. Da questo punto di vista, la semplice frase “ce la farò” dovrà dunque essere metaforicamente intesa come “io, quell’io che sarò poi, ce la farà,” e ad evaporare è un’immagine potente, assertiva, possibilista, organica…
Organizzare una Future Week a Roma – città “eterna” per antonomasia e dunque sospesa continuamente tra ieri e oggi – va dunque intesa come un’operazione che ‘pizzica’ questa anziana signora e le dice: “ma tu, Roma, chi sarai?” “Come e dove ti vedi in futuro?” “Dove andiamo?”.
Roma e il futuro
Di luoghi adibiti al “futuro” a Roma ce ne sono diversi e sparsi per tutta l’urbe; fra i più noti c’è senz’altro il Vaticano, che, come suggerisce la parola, pare derivi proprio dal termine “vaticinio,” il luogo atto alla lettura e preveggenza del futuro. C’era poi l’iconico oracolo della Sibilla Cumana o ancora l’ordine degli àuguri, figure molto rispettate nell’antica Roma, che interpretando il volo degli uccelli riuscivano a predire il futuro: minaccioso e infausto o generoso e ridente – è proprio da queste figure, gli àuguri, che assorbiamo l’espressione “auguri (di buon compleanno)!” richiamando alla memoria la pratica di predire (e augurare, appunto) un anno fortunato, positivo e fruttuoso.
La Rome Future Week®
A Roma, dunque, mancava un reminder di questa intrinseca e innata vocazione che questa città ha di pensarsi in avanti, a cosa si può essere poi partendo da oggi; una facoltà che la scienza rintraccia quasi esclusivamente solo negli umani e che è dunque ispirazione di e per un nuovo uman-esimo – l’”Umanesimo Digitale,” come lo definiscono alcuni pensatori. La Rome Future Week® è dunque quel reminder. È quel “vaticinio 3.0” che si propone di riunire menti che lavorano e si impegnano perché si possa essere oggi, ma ubiquamente domani, proprio come la città eterna, sospesa fra passato e futuro, antico e avanguardistico, pietra e metallo.
Un’interpretazione di futuro
Quando parliamo di futuro si incappa spesso in un bias; siamo infatti soliti pensare a città di avanguardia, mezzi di trasporto levitanti, a visori, metaverso, robot, virtualità… Eppure quello è un futuro. Un futuro urbano, della mobilità, dei dispositivi, dell’intrattenimento… E sebbene ed effettivamente guideremo auto più efficienti, vivremo in città più smart, ci immergeremo in dimensioni più attraenti e coinvolgenti, siamo sicuri che in quella idea di futuro non ne stiamo escludendo altre? Quanto costerà, per esempio, quella macchina volante? Chi potrà permettersela? Quali aree della città saranno infrastrutturate per essere smart? Quali, di conseguenza, rimarranno tagliate fuori, rendendo più acuta la diseguaglianza? Quali fasce della popolazione saranno alfabetizzate per co-partecipare a quel futuro? Quali rimarranno fuori? Per chi saranno pensati quei dispositivi del futuro? Saranno progettati anche per gente con disabilità, disturbi dell’apprendimento, magari sordità? Magari non per forza da e per bianchi?
Pensare, progettare e poi mettere in circolo “futuro” è spesso un’operazione così immediata, mediaticamente luccicante e tuttavia “meteorica” – nel senso che, come una meteora, abbaglia i media per qualche settimana e poi cade spesso nell’oblio, che spesso non si ha il tempo, o forse la lucidità, di pensare in cosa si sta andando avanti e chi o cosa rimarrà indietro.
Rome Future Week® ha invece uno spirito diverso; ha ospiti, temi, aree e azioni, che pensano al futuro in maniera ampia, laterale, inclusiva, complementare, fresca e necessaria.
Buona fortuna a RFW, dunque, Roma ti stava aspettando…