Una città di stranieri
“L’estraneità e la differenza di nazioni è la meno evidente, perché per sua natura Roma è una città di stranieri, tutti sono di casa qui.”
Michel de Montaigne – Viaggio in Italia. Passando per la Svizzera e la Germania. 1580-1581
Nella via dove abito, nel cuore di San Giovanni, la lavanderia e la sartoria sono tenute da due cittadini del Bangladesh. Il calzolaio viene dal nord dell’Argentina, e la fioraia da Alessandria d’Egitto. Per svolgere il loro lavoro e servire i loro clienti (tutti soddisfatti), hanno imparato l’italiano (chi più chi meno) ed i loro figli sono iscritti nelle scuole del quartiere. E sembrano felici della loro scelta di vivere lontani dal loro Paese. Come lo sono io, nato dall’altro lato delle Alpi. Quale è la storia dell’integrazione di questi stranieri a Roma ?
La Roma Antica, un modello di integrazione
Le fonti antiche e gli scavi archeologici rivelano una certa disomogeneità della popolazione dell’Urbe. I sette re successori di Romolo furono stranieri, prima latino-sabini e poi etruschi. Durante quel periodo, il fenomeno di “Roma Città aperta” divenne evidente per favorire l’arrivo di migranti e consentire di rimpolpare le file dell’esercito.
A seguito delle guerre puniche e delle numerose conquiste di Roma nel Mediterraneo, cominciarono a giungere in massa prigionieri diventati schiavi e stranieri, desiderosi di stabilirsi a Roma.
L’afflusso di migranti, spesso portatori di valori e credenze lontanissimi da quelli dei Romani, trasformò la città facendole perdere le caratteristiche originarie.
Dopo significativi ampliamenti della cittadinanza ad opera di Cesare (ad es. a tutti i Transpadani) e successive restrizioni da parte di Augusto ed i successivi imperatori, la constitutio Antoniniana del 212 d.C. porterà alla parificazione dello status civitatis di tutti gli abitanti dell’Impero Romano, con conseguente parificazione fra cives e peregrini.
La Roma Medievale: migrazioni verso la Città Santa
Tra il VI e l’VIII secolo, l’Urbe consolidò la sua posizione di Città Santa ed attirò i romei, cioè i pellegrini (sassoni, franchi, frisoni), che movimentarono l’economia e la demografia cittadina.
Successivamente, la città di Roma cresce notevolmente dopo l’esilio avignonese (1308-1377). L’incremento immigratorio dei “non italiani” è dovuto al ritorno dei pontefici e al conseguente rilancio dell’economia urbana. I flussi verso l’Urbe coinvolgono stavolta banchieri, commercianti, artigiani, fornai e tavernieri provenienti d’oltralpe e di lingua germanica. Se la presenza tedesca è notevole quella iberica è ancora più evidente. Le corti romane offrono inoltre rifugio a vittime dell’avanzata turca o della Reconquista spagnola.
Dalla Breccia di Porta Pia ad oggi: una esplosione demografica alimentata dalle migrazioni
Dal 1871 al 1901, la città di Roma conosce un incremento demografico velocissimo, dovuto all’apertura di nuovi grandi cantieri che richiama lavoratori nell’edilizia (e come indotto nell’agricoltura). Il numero di abitanti raddoppia passando da circa 200mila a circa 400mila (per il 90% questo incremento è dovuto alle migrazioni da altre regioni italiane). All’aumento della popolazione corrisponde un allargamento del bacino migratorio della Capitale.
Le nuove funzioni legate alla capitale favoriscono l’arrivo di tecnici e amministratori dal Piemonte sabaudo. Negli anni ottanta dell’Ottocento, oltre ai piemontesi, i nuovi arrivati giungono prevalentemente dalle zone che circondano la città per poi estendersi progressivamente più a sud. Alla fine del secolo iniziano gli arrivi da regioni più lontane, come Puglia e Calabria al sud e Veneto al nord.
Il ventennio fascista è contrassegnato da flussi migratori che raggiungeranno i livelli più elevati della storia di Roma (nel 1931 il numero di abitanti supera il milione).
Durante la ricostruzione ed il miracolo economico del dopoguerra, i flussi crescono ancora e nei primi anni settanta la città arriva a contare quasi tre milioni di abitanti.
L’inclusione di nuovi peregrini
Negli ultimi cinquant’anni la novità più dirompente è caratterizzata proprio dall’immigrazione straniera. Dall’inizio del secolo è triplicato il numero di stranieri nel comune di Roma, mentre il numero totale di abitanti è cresciuto di meno del 10%.
Così come è sempre stato nel passato, sono i conflitti tra stati, il rifugio da sistemi antidemocratici, e la ricerca di un lavoro e di condizioni di vita migliori a spingere donne e uomini a lasciare il proprio paese. Inoltre, in questi ultimi anni, i cambiamenti climatici e le loro conseguenze sul livello di povertà, malnutrizione e disoccupazione stanno accelerando i fenomeni migratori verso l’Europa, in particolare dall’Africa. Roma è da sempre stata una città inclusiva.
Quali sono i pilastri che consentiranno di assicurare la continuità di questa tradizione di inclusività? Quali soluzioni creative potrebbero essere immaginate durante la Rome Future Week® per quanto riguarda istruzione, lavoro, salute e casa per i nuovi peregrini?
In quale modo – di volta in volta, strada per strada, anno dopo anno, quartiere dopo quartiere – la composizione della città saprà trovare seppur faticosamente uno spazio per i nuovi arrivati, che sembravano inizialmente sempre troppi, ma che alla fine col passare del tempo diventano sempre meno diversi dagli altri?
Non c’è dubbio che la città di Roma ci permetterà di rovesciare questa prospettiva e ci insegnerà che i “romani da sette generazioni” sono sempre stati pochissimi e che ognuno ha un pezzo di storia migratoria da riscoprire.